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 NewsLetter 

Blog collettivo fondato e coordinato da Nando Cianci - Anno VIII   -  2024

GLI INVITATI DELLA VITA

SPEDICATOLa consapevolezza del legame tra autonomia individuale e interdipendenza con gli altri porta a praticare la libertà senza rimuovere la comunità. E a trattare meglio i beni comuni.

 

di EIDE SPEDICATO IENGO

                                                                                        L’uomo è l’unico animale capace di arrossire.
                                                                      Ma è anche l’unico ad averne bisogno
                                                                                                                                          (Mark Twain)

A proposito dell’attuale e disinvolto antropocentrismo impegnato a colonizzare ogni spazio fuori dalle norme di un dovere comune, sarebbe utile soffermarsi su questa riflessione di George Steiner. Questo il passo in questione: «Noi siamo gli invitati della vita: imparare ad essere gli invitati degli altri significa lasciare la casa in cui si è invitati un po’ più ricca, un po’ più umana, un po’ più giusta, un po’ più bella di come la si è trovata» (cit. in G. Ravasi, Le parole e i giorni, Mondadori, Milano, 2008, p. 197). Questa frase, tanto asciutta ed essenziale nella sua formulazione quanto eticamente impegnativa nel contenuto, è un invito a guardarsi dai comportamenti supponenti, boriosi, prepotenti, offensivi dei molti (o, meglio, dei sempre più numerosi) i quali, avendo smarrito (o, forse, mai avvicinato) l’idea che siamo soggetti transeunti sulla scena del mondo, ignorano che le logiche egoistiche e predatorie hanno il fiato corto e – dando scacco all’energia critica del pensiero e alla cultura come fatto umano e termine ultimo d’un lungo processo di sviluppo, auto-sviluppo e affinamento individuale e sociale – devitalizzano il presente e compromettono lo stesso futuro ecologico del pianeta che ci ospita.
All’opposto, percepirsi in veste di invitati della vita e degli altri potrebbe produrre non pochi vantaggi sul piano micro e macro, individuale e collettivo. Sul piano individuale potrebbe rendere più confortevoli e abitabili gli spazi quotidiani che, normalmente attraversati da gesti scontati e modelli routinizzati, sono spesso avari di interazioni feconde. Comportarsi nella quotidianità da invitati potrebbe, per esempio, aprire le finestre su prassi anemizzate e distratte e ristorare anche gli ambienti e i momenti più scontati. Che lo si creda o no, per attivare vibrazioni positive spesso bastano una frase affettuosa, uno sguardo gentile, una carezza, un complimento, una tavola apparecchiata con accuratezza. Dunque, coltivare il vocabolario di uno stile esistenziale che si impegna a targare di cura (anche solo di piccoli gesti di cura) le prassi più consuete arricchirebbe chi le pratica e si trasformerebbe in dono per chi le riceve
Sul piano collettivo, poi, percepirsi in veste di invitati potrebbe indurre a proteggere e tutelare i luoghi che abitiamo attraverso le regole del civismo che in molti (in troppi soggetti) sembra latitare.  Al proposito, basterebbe riflettere sul modo in cui viene trattata la casa di tutti i beni comuni, il nostro pianeta, o, più semplicemente, sull’incuria da cui è afflitta la maggior parte delle città del nostro Paese (e non solo). La vistosa trascuratezza di molti spazi urbani (si pensi, per esempio, alle tante strade sporche e dalla pavimentazione dissestata, all’abbandono di parchi e giardini, alle facciate di palazzi imbrattate con scritte e segni demenziali) certifica vuoi la perdita dell’idea di bene pubblico; vuoi il disprezzo nei confronti delle norme che rappresentano un obbligo, un gravame, un dovere; vuoi la maleducazione eretta a sistema; vuoi la compromissione della società come patto sociale.
Superfluo il sottolineare che tale indifferenza è espressione di più fattori patologici sul versante sociale e individuale. Fra questi occupano un posto eminente sia la carenza (e, non di rado, addirittura l’assenza) di regolazioni sociali, obbligazioni individuali, progettualità condivise; sia, in particolare, l’affermazione sulla scena sociale dell’ingombrante categoria dei fondamentalisti della libertà individuale. Esponenti di un modus agendi avverso all’idea di società come relazione e responsabilità e cinicamente indifferenti all’equilibrio generale delle cose, costoro sanno dire solo “io”, guardano ogni tipo di “noi” con ostilità e si concentrano esclusivamente sul presente e sul proprio egoistico e incolto ego: ovviamente non sono lontanamente sfiorati dall’idea che qualcosa non funzioni. Sono, pertanto, l’espressione di una pericolosissima filosofia della vita che, avendo espunto dal proprio orizzonte la nozione di responsabilità morale, rischia di accentuare le situazioni di disordine e disgregazione sociali già presenti nel nostro quotidiano.
Questa nozione non è, invece, estranea agli invitati della vita che, almeno a mio avviso, sono strettamente apparentabili agli homines civici, ovvero ai soggetti che, nella consapevolezza del nodo che lega l’autonomia individuale all’interdipendenza con gli altri, sono capaci di autogoverno, si impegnano a difendere i beni comuni e, soprattutto, sanno praticare la libertà senza rimuovere la comunità. Sono, infatti, l’esatto contrario sia del subalterno permanente dello stato etico-totalitario, sia del consumatore-cantore dello spreco e della mercificazione, sia del mediocre individuo globalizzato che ostentando un adattamento di fatto acritico alla realtà (pur portando sempre con sé il proprio mondo attraverso gli strumenti tecnologici) è un vistoso esponente dell’attuale stagione di anomia sociale e sonnambulismo collettivo.
Pur nella consapevolezza che l’appello ad abitare la vita in veste di suoi ospiti può apparire ingenuo, cionondimeno ritengo sia un’opportunità da avvicinare anche solo a livello concettuale. I tempi ruvidi, frammentati, egoistici, intolleranti, eticamente poveri in cui viviamo forse avrebbero bisogno precisamente di quella sensibilità inclusiva che solo chi si percepisce in veste di invitato è in grado di declinare.

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