Le tecnologie della comunicazione in ambiente scolastico, di Giovanna Di Felice, Aracne, Roma, 2017.
Recensione di EIDE SPEDICATO IENGO
Vent’anni fa Face-book non esisteva, non c’era traccia di Twitter e di Instagram e uno strumento oggi utilizzatissimo come Wikipedia presentava solo poche decine di migliaia di voci. Ma, in un lasso di tempo decisamente breve, la tecnologia (in particolare quella digitale) ha preso, per così dire, la rincorsa e prodotto nella società un cambio di passo epocale che sta lasciando impronte decisive sui comportamenti, i sistemi valoriali, il piano della relazione. Nella storia, infatti, non è mai accaduto che l’uomo abbia sperimentato la realtà di un mondo virtuale che rende inutile la grammatica di alcuni dei nostri cinque sensi; che dà spazio a forme inedite di aggregazione; che consente la costruzione di identità digitali e di nuove modalità di presentare e gestire il proprio sé sociale; che modifica radicalmente il linguaggio, le dimensioni affettive, volitive, cognitive, percettive; che promuove rapporti tra persone assenti; che sostituisce la relazione con la connessione, creando una società che non stacca mai la spina.
Una velocità trasformativa -questa che stiamo vivendo- che ovviamente non può non coinvolgere il mondo della scuola che, appunto, è chiamato a misurarsi con esigenze formative sempre più diversificate e complesse e con orizzonti di ricerca in cui l’ibridazione dei saperi occupa spazi sempre più ampi. In risposta ad una situazione in rapidissimo cambiamento che brucia i cicli di vita delle conoscenze e delle tecnologie, al sistema-scuola è, dunque, richiesto di ripensare i propri modelli di insegnamento, formazione, gestione e organizzazione della didattica. La Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, meglio conosciuta come “La Buona Scuola”, richiede precisamente lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti e del pensiero computazionale nonché azioni formative mirate vuoi ad educare sulle opportunità e sui rischi offerti dalle nuove tecnologie della comunicazione, vuoi ad usare in modo consapevole e corretto i media e i social network per rispondere ad esigenze formative sempre più complesse e articolate, anche nell’ambito del nuovo intreccio studio-lavoro.
Giovanna Di Felice, PhD in Scienze Sociali, che da anni studia le tematiche proposte dalla Media Education coniugandole in esperienze di lavoro nella Scuola Primaria, inscrive la sua analisi all’interno di questa ampia, discussa tematica, focalizzando la propria attenzione su un’area specifica, quella delle pratiche sociali e relazionali che la comunicazione mediata dal computer genera anche in un ambiente controllato come quello scolastico (p.17). Attraverso un’articolata proposta progettuale l’Autrice ha raccolto le opinioni e gli atteggiamenti di un campione a scelta ragionata di 358 studenti di scuola secondaria superiore (che hanno partecipato a progetti specifici di utilizzo della tecnologia in attività didattiche) per valutare la loro percezione sull’uso dei media, sulle potenzialità che offrono e sui rischi in cui si può incorrere. L’assunto da cui muove questa indagine è che la Rete non rappresenta un altrove della vita quotidiana: ne costituisce, all’opposto, parte integrante. Di qui la necessità di conoscerla per poterla efficacemente governare; di qui la necessità che abbia cittadinanza anche nelle aule scolastiche, avendo cura di insegnare a praticarla correttamente come una tessera del mosaico relazionale degli studenti e uno strumento fra gli altri di cui disporre.
Specificamente l’obiettivo di questa rilevazione era, per un verso, verificare se e in che modo l’uso della tecnologia della comunicazione nella didattica possa influenzare e modificare le relazioni e la socializzazione tra studenti e tra questi e i docenti; e, per un altro verso, se le competenze disciplinari acquisite attraverso l’uso di queste tecnologie possano favorire forme di collaborazione e partecipazione alla costruzione di un sapere e di un benessere comuni, incidendo sulla consapevolezza di sé e sul piano della conoscenza.
Come prevedibile, l’impiego delle nuove tecnologie, anche nei contesti strutturati come in quelli informali, gode di alto gradimento presso gli studenti per tre fondamentali motivi: in primo luogo, perché la Rete viene vissuta come elemento di valorizzazione sociale, capace di rinforzare le relazioni sociali nello spazio delle attività di studio e di ricerca e nei rapporti sia con i coetanei che con i docenti (anche se con questi ultimi il percorso si fa più accidentato verosimilmente a motivo di una loro ritrosia «a forme di interazione extrascolastiche mediate dal computer» p.180); in secondo luogo, perché la frequentazione della Rete, a loro dire, ha migliorato il proprio apprendimento scolastico; in terzo luogo, perché l’acquisizione delle strumentalità d’uso risultano facili da raggiungere e godono del giusto supporto sia da parte dei docenti che del personale tecnico specializzato della scuola.
Lontano dalle fratture comunicative che in genere si riscontrano fra generazioni caratterizzate da percorsi formativi differenti (ossia fra insegnanti e discenti, nativi digitali e immigrati digitali), questo testo invita ad adottare nella realtà scolastica atteggiamenti critici, equilibrati, razionali nei confronti delle nuove tecnologie: né inimicizia né servilismo, né enfatizzazione dei pericoli né svaporata accettazione, ma uso regolato, cosciente e produttivo di queste nuove modalità di relazione e comunicazione.
Molto altro, ovviamente, si potrebbe commentare su questo volume, ma già questi brevi cenni segnalano che, all’ampia letteratura sul ruolo e la funzione dei media digitali nella realtà della scuola è stata aggiunta una tessera accurata e interessante. Interessante e accurata non solo per i risultati cui perviene, ma soprattutto perché richiama, sebbene implicitamente, ad una norma talora elusa nello spazio scolastico: ovvero, che la buona scuola la fanno soprattutto le persone che la abitano con impegno e con passione e le idee che ci portano dentro.