L’esistenza di bambini capaci di gesti solidali stupisce molti adulti. Segno che essi si sono rassegnati a considerare “normali” i comportamenti egoistici ed aggressivi nella quotidianità. Il paradosso della tristezza delle belle notizie.
di NANDO CIANCI
Sulla stampa regionale abruzzese prima e su quella nazionale poi è stata riportata in evidenza il gesto di solidarietà di un gruppo di bambini di Tagliacozzo (Aq) verso un loro compagno in carrozzina. Essendo andata in panne la pedana per far scendere la carrozzina, di fronte alla prospettiva di lasciare il compagno sul pullman (insieme alla mamma) e continuare da soli il giro a piedi per Roma, i bambini non hanno avuto dubbi: se non può scendere anche lui, non scenderà nessuno di noi. Stiamo insieme sul pullman e ce ne torniamo a casa.
La notizia è, come si dice, subito rimbalzata sui social, che sono oggi il palcoscenico sul quale va in scena parte rilevante dell’esistenza collettiva e, perciò, vi compare molta della vasta gamma dei caratteri umani (anche se, per alcuni aspetti, sempre più omologati dalle “regole” del web; ma questo è un discorso troppo lungo da fare qui).
Diamo per scontato che il gesto dei bambini va ad onore loro e dei rispettivi genitori ed insegnanti e che va bene che tali notizie vengano riportate da mezzi di informazione che, di solito e al contrario, manifestano un certo macabro gusto nel rovistare tra le umane malvagità. Parlando però in generale, si ha l’impressione che, di fronte al dilagare di aspetti del comportamento umano, individuale e sociale (dalla glorificazione dell’Io fino alle guerre e agli stermini), che fanno poco onore alla specie, siamo all’affannata ricerca di qualcosa che lenisca i nostri sensi di colpa e ci restituisca un po’ di fiducia nel prossimo. Quando non la troviamo, suppliamo (non è il caso della vicenda di quei bambini) con l’ammantare di retorica e di enfatizzazioni anche la banalità quotidiana. Aggettivi ed entusiasmi gonfiati da mellifluità ridondanti strabordano ormai da tanta parte dei social tanto che si tratti del compleanno del proprio gatto che di un gesto sportivo o di una esibizione canora (o presunti tali). Fanno da contraltare agli insulti liquidatori e ai giudizi trancianti che ogni sorta di individuo, anche quando non risulta competente di niente e non mostri alcuna attitudine etica, si sente di lanciare verso chi o cosa non gli va a genio. Siamo, insomma, nel campo degli opposti estremismi comportamentali.
Per tornare a bomba, sul bel gesto dei bambini abruzzesi si sono riversati centinaia e centinaia di commenti e la commedia umana ha celebrato l’ennesima esposizione della propria varietà. Prevale, naturalmente e fortunatamente, l’elogio dei protagonisti. La maggior parte è costituita da chi esprime commenti comprensibilmente ammirati. Vi sono, poi, gli iperpratici che saprebbero sempre risolvere la situazione e, dall’alto della loro assenza, rimproverano gli adulti che erano presenti di non aver saputo trovare una soluzione al problema ricorrendo alla buona volontà, all’inventiva e alle braccia. È il tipo umano delle persone che, non vivendo un’esperienza, ne sanno sempre di più di chi invece vi si trova nel mezzo. Costoro costringono gli adulti che erano presenti, e che certamente hanno vissuto un’esperienza frustrante, alla fatica supplementare di spiegare per filo e per segno gli aspetti tecnici, pratici e contingenti che hanno impedito di trovare una soluzione che rimediasse alla defaillance della piattaforma di sollevamento. Insomma, a “giustificarsi” per non finire alla gogna.
Ovvia ormai, sui social, anche la presenza dei complottisti: si tratta di un fatto studiato e montato ad arte per ottenere “visibilità” e balzare agli onori delle cronache. Oppure, più semplicemente, di una “bufala” lanciata da chi sa chi in rete per vedere l’effetto che fa.
Il campionario delle reazioni e dei tipi umani è assai vasto e non possiamo qui seguirli oltre.
È interessante notare, però, che nei commenti positivi ed ammirati non è raro cogliere una sorta di moto di sorpresa nel constatare che esistano ancora bambini così. Far emergere la circostanza che un comportamento umano e solidale desti, fondamentalmente, stupore è forse il contributo più importante che quei bambini offrono alla nostra riflessione. Tali comportamenti sono vissuti da molti come eccezioni, come un distinguersi dal “normale” andamento delle relazioni umane. Fanno notizia perché sono insoliti.
Probabilmente le cose non stanno del tutto così. Nella vita reale ci sono miriadi di piccoli e grandi comportamenti solidali che passano sotto silenzio ed inosservati, sfuggendo all’attenzione dei media. Ma il fatto che, quando uno di essi va sotto i riflettori, desta meraviglia, segnala comunque che – consapevolmente o meno – quella che dovrebbe essere la normalità nelle relazioni umane (che sono, per definizione, solidali) diviene (o viene presentata come) l’eccezione. Dal che si desumerebbe che, per converso, il cieco egoismo, l’aggressività e l’indifferenza ai problemi degli altri siano diventati la norma.
Si apre, così, un ulteriore questione: qual è il grado di corrispondenza tra ciò che accade nella vita quotidiana e il mondo che i media e i social mettono in evidenza? Questi ultimi creano rappresentazioni funzionali al loro proprio successo di “audience” e di espansione o semplicemente amplificano fenomeni che nascono indipendentemente da loro? Reale e virtuale sono mondi separati, si toccano ogni tanto, o sono inscindibilmente fusi nella concreta pratica delle vite umane?
La faccenda è complessa e su di essa si lambiccano in molti, si studia e si scrive continuamente. Un lavorio che, ovviamente, non può essere riassunto in poche righe. Ma una cosa resta nell’animo come sensazione immediata di fronte alla vicenda che qui abbiamo accennato: la tristezza che un comportamento saggio, umano e solidale ci meravigli e “faccia notizia”, perché esula dal comportamento opposto che si dà, così, per scontato e “normale”. Sarebbe bene che, dopo aver giustamente lodato il comportamento virtuoso dei bambini, gli adulti riflettessero su ciò.