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 NewsLetter 

Blog collettivo fondato e coordinato da Nando Cianci - Anno VIII   -  2024

MARCO GAVIO APICIO

CALABRESELe stravaganze culinarie del patrizio dell’antica Roma e le semplici piante aromatiche che arricchiscono i piatti dell’oggi o ne costituiscono elemento fondamentale.

                                                           di CANDIDO CALABRESE

Marco Gavio Apicio - (primo secolo o IV d. C.?) - ricco patrizio, uomo prodigo che, per alcuni studiosi, visse sotto Tiberio (imperatore dal 14 al 37) e APICIOfu amico di Druso minore (uno dei figli di Tiberio). Apicio è conosciuto per il De Re Coquinaria. Come per altri grandi della Letteratura e della poesia antica, Omero incluso, non si è sicuri che ne fosse l’autore. In effetti Seneca (4 a.C.-65 d. C.), Columella (I secolo d. C.), Plinio il Vecchio (23-79) parlano di Apicio come autore di pubblicazioni culinarie. Tertulliano (ca. 155-222 Cartagine, apologeta cristiano) afferma che alla sua epoca chi era un buon cuoco e creava piatti prelibati era definito un Apicio! Solo in seguito gli si cominciò ad attribuire il De Re Coquinaria. La lingua del ricettario è un latino tardo volgare della fine del IV secolo. “D’altra parte, molte ricette sono dedicate a uomini famosi vissuti molto dopo Apicio e, quindi, non potevano in nessun modo essergli noti (...). Il De Re Coquinaria però è l’unico libro di cucina antica con il quale possiamo ricostruire quale fosse la cucina romana e quali fossero i banchetti di questa civiltà” (Eugenia Salza Prina Ricotti, L’arte del convito nella Roma antica, pag. 215). Egli è passato alla Storia per la sua stravaganza culinaria. Si narra, infatti, che si facesse servire manicaretti strani e fantasiosi come quelli su talloni di cammello, o intingoli di creste tagliate a volatili vivi, o costose triglie fatte affogare in garum o, infine, ingrassate le oche con fichi secchi, le facesse uccidere ingozzandole con vino mielato, per migliorare la qualità del loro fegato. E ancora, lingue di pavone, di fenicotteri che probabilmente esistettero solo nella mente di fantasiosi cronisti. Nel Codice Romanoff, attribuito, ma senza prove scientifiche, a Leonardo da Vinci (1452-519) si legge: “ho riletto il De culinaria (sic!) di Coelius Apicius (sic!). Quell’uomo era un pazzo. Oggi chi mai mangerebbe carne di ghiro nel miele, o lingue di gru o cicogne, o porri stufati nel miele e ricoperti con interiora di tonno?” (Sh.e J. Routh, Note di cucina di Leonardo Da Vinci, pag. 148).

Aromi e dintorni

PIANTE AROMATICHEAlle stravaganze apiciane contrappongo e suggerisco di continuare a usare semplici piante aromatiche che arricchiscono i piatti in alcuni casi e di cui non si può fare a meno in altri. Per brevità elenco solo l'invadente prezzemolo, il profumato rosmarino, insidiato dagli aromi dell'alloro, del timo, della menta, del basilico e, in una ben attrezzata cucina sicuramente occorrerà tenere sempre il sedano, l'aglio, la cipolla nonché le carote con una corolla di cromatici e accattivanti peperoncini. Avete poi provato a rilassarvi con un infuso di foglie di ...olivo? Provateci.

 

Alcune etimologie

Rosmarino - dal latino ros (roris) “rugiada”  e marinum “marina”, cioè “rugiada del mare”.

Basilico  - dal gr. basilocòs "regale", aggettivo di basilèus "re" (forse si usava alla presenza del re?).

Fonti

E. Salsa Prina Ricotti, L’arte del convito nella Roma Antica, L’Erma, Roma 1983

Sh. e Jon. Routh, Note di cucina di Leonardo Da Vinci, Voland, Roma 212.

Candido Calabrese

Villa Santa Maria, 16 febbraio 2022

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