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 NewsLetter 

Blog collettivo fondato e coordinato da Nando Cianci - Anno VIII   -  2024

L'UOMO SENZA PAROLA

SANDROIl cielo del passato, il cielo del futuro e quello dei profeti. Il susino torna a fiorire e il cuore diventa abbraccio.

                                            di SANDRO CIANCI

 Quando sarebbe toccato a lui di parlare, gli dissero: «La tua opinione pensiamo di conoscerla, è inutile che la illustri. In ogni caso non la condividiamo». Per giunta, colui che fra tutti gli intervenuti più lo aveva criticato, si era addormentato proprio sulla sua spalla. Buonanotte. Chiuse la porta dei sogni, si svegliò, si alzò ed uscì.

   Accipicchia, era cambiato tutto. Da parecchio non si vedevano in giro così tante persone! Il mondo aveva ritrovato il piacere d’incontrarsi. Evviva. Tonino parlava del più, Giovanni del meno, Gessica del più e del meno. Non importava: contava che tutti si scambiassero pensieri, punti di vista, emozioni, così, semplicemente, a viva voce, guardandosi negli occhi.

   «No, non è possibile…Non è possibile…», disse dopo aver osservato meglio. Parlavano tutti ma nessuno ascoltava nessuno. «In questo modo, a che cosa servono più le parole?», balbettò tra sé e sé. Balbettò? Macché, non gli uscì di bocca nulla. Provò a riformulare la frase a voce alta: niente, aveva perso la parola. Doveva essergli scattato un meccanismo psico-qualcosa.

   «E adesso?», pensò. «A chi posso chiedere aiuto, sia pure solo con i gesti?». Al cielo. Al cielo? Quale? Non c’era più il cielo. Al suo posto ve n’era uno “eco-logico”, nel senso che avevano messo una sorta di grande soffitto capace di attutire gli echi di tutto quel parlare. Logico, perfettamente logico. Solo che così non si vedeva più il cielo vero.

   Calma, a tutto c’è rimedio. Qua e là v’erano delle scale molto virtuali che consentivano di oltrepassare in ascesa il megasoffitto. “LE VIE DEL CIELO”, c’era scritto. E tra parentesi: “O VIE DEL SILENZIO”. Non ci andava nessuno, portava sfiga.

Provò, tuttavia. Giunto oltre il soffitto, che meraviglia: di qua per il “CIELO DEL PASSATO”, di là per il “CIELO DEL FUTURO”, da qualche altra parte ancora per il “CIELO DEI PROFETI” - sebbene, quanto a quest’ultimo, non fosse chiaro come ci si arrivasse.

Optò per quello del futuro. “INAGIBILE”. Era da così tanto tempo pericolante che nemmeno si reggeva più il cartello. Si diresse allora verso quello del passato. «Non vi è nulla di più incrollabile», pensò, «nulla di più solido ed immodificabile».

Infatti. I vecchi che lo abitavano - seduti sulle sedie in mezzo ad uno sconfinato prato primaverile – neppure si muovevano, né parlavano tra loro. Solo guardavano lontano.

   Riconobbe quelli del ’15-’18. Qualcuno con i baffi alla “Re Vittorio”, qualche altro con la punta accesa del sigaro dentro la bocca, come di notte nelle trincee. Tutti, con il vestito della festa ed il cuore gonfio di racconti. Lo si vedeva grazie ad applicazioni dovute ad algoritmi di ultima generazione (?).

   Di lato, sempre lì nel prato – che strano - una porta, dritta sola e senza alcun muro.

  Che fosse quello il varco dei profeti? Entrò. Non vedeva, neppure capiva se fosse oscurità o troppa luce. Poi, d’improvviso, non seppe più nulla. E di quel che accadde in quel momento ricordò, più tardi, solo questo:

   Tornava a casa, nell’ora del buio. Il susino davanti alla finestra era finalmente fiorito. Tardi, certo, per via dell’inverno lungo, ma era fiorito. I bianchi petali lo facevano vivido e mite, solenne nel grande coro della notte. «Una fata bianca», mormorò senza accorgersi di avere di nuovo tra le labbra le parole. 

Sulle colline lontane le luci dei paesi erano ancora una volta fiabe, voci, cammini di uomini e di donne. E pene, gioie, solitudini, canti, amori, addii dei giorni e della vita, promesse vaghe d’infinito. Misericordia.

Si era fatto molto tardi nella notte. Tacevano anche i cani. Ma il cuore, intanto, era diventato abbraccio.

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