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TRAMONTO DEL "GIOVINAUTA"?

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eideLa necessità di non restare intrappolati nella Rete e confrontarsi con la realtà in una cornice altalenante. Tra dichiarazioni di intenti e cambi di rotta effettivi.


di EIDE SPEDICATO IENGO

 

Quali sono i profili dei post-Millennial italiani? Dall’inchiesta di “Youth in Flux” di Viacom  e dai primi contributi del progetto “Your Voice” promosso dal Corriere della Sera sulla fascia giovanile (16/24anni) emergono silhouette a mosaico, sfaccettate, aperte, plurali, per più di un verso a-sistematiche, ma comunque consapevoli di abitare una società labirintica, dissipativa, disordinata, non lineare (nonché instabile sul versante politico, economico e sociale) che, non proponendo una propria gerarchia di valori, costringe ad una costante elaborazione personale per tenersi in rotta. Segnalano, infatti, l’assenza di filtri e guide affidabili e, soprattutto, di soggetti reali cui far riferimento nel percorso di scoperta del lato diurno e notturno dell’esistenza e nel processo di emancipazione e di auto-determinazione. Il che costituisce un elemento decisamente interessante, se si tiene conto che la loro socializzazione è avvenuta all’interno di scenari sociali dissonanti, frantumati, presentisti che hanno determinato la perdita di posizionamento delle tradizionali agenzie di socializzazione, fertilizzato una folta mappa di realtà socializzanti alternative, da cui forme di aggregazione e universi relazionali sempre più atomizzati.

Quantunque abitino da sempre nel villaggio globale e la Rete abbia  nutrito il loro linguaggio, i loro gusti, il loro pensiero, questi giovani e giovanissimi esprimono la necessità di allentare la frequentazione dell’uno e dell’altra per non rimanerne del tutto intrappolati. Lo spazio dei rapporti tra persone assenti prodotto dal web e dai Social verosimilmente va opacizzandosi. E, infatti, nel contesto esaminato sembra perdere punti il soggetto interneticus o meglio il giovinauta,  iper-connesso che padroneggia gli strumenti digitali e si muove a suo agio nel mondo immateriale, e invece acquistarne il soggetto in tensione che vuole confrontarsi con la realtà e dare un senso al proprio agire. Questi ragazzi sembrano, pertanto, voler instaurare un nuovo rapporto con il tempo e allestire per sé nuovi copioni esistenziali. Sbarazzarsi dell’immagine un po’ finta e patinata di sé  stessi per  mettersi in gioco e  confrontarsi con altro: con la pausa e l’intervallo, per esempio, per costruire rapporti più autentici, significativi, riflessivi, equilibrati; prendere le distanze dagli stereotipi e dai pregiudizi;  gestire i propri limiti; instaurare dialoghi con l’alterità.

 Queste valutazioni alludono alla necessità di educarsi all’uso di gesti generatori di socialità; a non abbassare lo sguardo di fronte alle cause che provocano le disuguaglianze e le ingiustizie; a promuovere l’autonomia del giudizio sempre più ingabbiata nelle quinte dell’apparenza, nei travestimenti, nelle regole della messinscena; a fertilizzare quegli  assetti più equanimi e virtuosi che insegnano a praticare i vocaboli della comprensione reciproca e dei reciproci vantaggi della differenza. Ovviamente non è dato sapere se queste valutazioni si inscrivano in una mera dichiarazione di intenti o costituiscano il primo passo in direzione di cambi di rotta. Comunque e in ogni caso, sono da sottolineare perché orientano in direzione  di segnaletiche e di sensi di marcia opposti a quelli che la maggior parte dei post-Millenial praticano.

Va da sé che in questo quadro non mancano gli assertivi, gli irrequieti, i soggetti auto-centrati che non si accontentano di successi parziali e, senza remore e senza rimorsi, vogliono far sentire energicamente la propria voce. Hanno spazio pure gli individui blasé che abitano con indifferenza ed irrilevanza il quotidiano; i presentisti sociali che si compiacciono di sé e delle proprie azioni e il loro contrario - i claudicanti sociali-  che non sono in grado di tenere in rotta le forme di mediazione sociale e rispondere adeguatamente al confronto con i modelli di bellezza, successo, felicità ovunque sbandierati.

 In questa cornice altalenante tra serializzazione e coscientizzazione, i ventenni raccontati sembrano, dunque, non disporre di specifiche dimore esistenziali e muoversi all’interno di una nebulosa senza tendenza che, muovendosi fra prassi di segno alterno, affratella disciplina e conformismo, rassegnazione e ribellismo, ricerca di senso e compromessi, timidezze e autodeterminazione. E non potrebbe essere diversamente: il carattere policentrico dell’attuale società o, meglio, la sua puntinizzazione, unita alla differenziazione sociale, alla cultura dell’eccesso, all’eccedenza di stimoli e di sollecitazioni, all’assenza di certezze e di autorevoli sponde di riferimento non può che promuovere questi contrasti.

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