Questo sito utilizza i cookies per migliorare l'esperienza utente. Continuando la navigazione accetti l'utilizzo.

UN TEOREMA IN CERCA D'AUTORE

Stampa

tommaso iurisciLa terza parte delle storie e leggende sulla vita del grande filosofo e matematico Pitagora. Le radici del suo pensiero, il numero, la geometria e la musica. La questione dell'attribuzione del famoso teorema. 

 

FIRMA IURISCILa cosiddetta scuola pitagorica famosa e riservata, mostrava tutti i caratteri di chiusura quasi religiosa raccolta attorno alla figura del maestro. Il vincolo di segretezza era in realtà un legame molto forte tra gli appartenenti alla scuola e Pitagora che non lasciò nulla di scritto come i suoi discepoli; questi ultimi, di fatto, attribuivano i risultati raggiunti al grande sapiente sia per onorarlo che per rendere credibili i risultati stessi. Né possiamo pensare che, sempre seguendo la tradizione, una volta tornato a casa, convocasse attorno a un tavolo la moglie Teano,  i figli Arimnesto, Telauge e Damo (femmina) per svelare la dimostrazione del suo teorema sul triangolo rettangolo. Alla radice del pensiero di Pitagora non vengono stabiliti gli elementi naturali come aria, acqua, fuoco, ma il numero naturale regola di ogni cosa, dal rapporto tra le cose al movimento dei corpi celesti, dalle forme delle figure geometriche perfette alle armonie musicali delle corde di un’arpa. Tutto si può descrivere attraverso i numeri naturali (1,2,3,…) e i loro rapporti; gli oggetti materiali o creati dalla mente, tutte le figure geometriche sono il risultato di aggregati di “monadi”, granelli unitari dotati di dimensione ma non ulteriormente divisibili, non disposti casualmente, ma secondo un ordine a fondamento dell’aritmogeometria. Il numero di monadi che compongono ogni ente è finito. Da ciò proviene la rappresentazione geometrica dei numeri poligonali (triangolari, quadrati, pentagonali,) e poliedrici (tetraedrici, piramidali quadrangolari, …)  

Tetraktis

Quadrati

(https://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/argoment/ParoleMate/Mag_09/Aritmogeometria.htm

PITAGORA 3Si può notare come se si addiziona al primo dispari 1 il successivo dispari 3 (palline verdi), si ottiene un quadrato 4; se si addiziona a 4 il successivo dispari 5 (palline gialle), si ottiene un quadrato 9; se si addiziona a 9 il successivo numero dispari (di 5) 7(paline blu), si ottiene il successivo quadrato 16.  E così di seguito.
I pitagorici conoscevano i numeri perfetti (numeri uguali alla somma dei loro divisori (Es: 6= 3+2+1); i numeri gemelli: coppie di numeri primi distanti solo di un posto nella serie dei numeri naturali (Es: 5-7; 17-19) e così via; i numeri amici: coppie di numeri tali che ognuno di essi è la somma dei divisori dell’altro (Es: 220-284, 2620-2924). Grazie a potenti pc al momento si conoscono12 milioni di coppie di numeri amici, ma non si può ancora dire se sono infiniti o no. Le convinzioni numeriche dei pitagorici sono ancor più avvalorate dai legami aritmetici tra i diversi suoni emessi da una corda tesa pizzicata in punti diversi. La tradizione vuole che sia stato proprio Pitagora a scoprire tale legame quando si trovò a passare davanti alla bottega di un fabbro e si mise ad ascoltare i suoni provenienti dal battere dei martelli sull’incudine. Studiando le corde sottoposte a pizzicate, Pitagora comprese la relazione esistente tra la lunghezza della corda (dove viene pizzicata) e le relazioni armoniche descritte dai rapporti fra numeri naturali. Esiste però un’altra leggenda più antica che riguarda due fratelli: Tubalkain (il primo fabbro della storia) e Iubal (il primo musico inventore della cetra). Sono figli di Lamech e madri distinte; Lamech è discendente diretto di Caino. La rappresentazione è la stessa: Tubalkain batte col martello e Iubal ascolta e crea una teoria musicale. È probabile che le prime turbolenze numeriche Pitagora le abbia trovate proprio nei rapporti numerici per le pizzicate alle corde in modo da ottenere i risultati armonici sperati piuttosto che nel triangolo rettangolo. Si può ragionevolmente presumere che Pitagora o i pitagorici siano giunti alla dimostrazione del teorema di Pitagora che si può enunciare nella forma seguente: “Nel triangolo rettangolo l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma delle aree dei due quadrati costruiti sui cateti”. Vale anche l’inverso: se in un triangolo l’area del quadrato costruito su un lato è uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sugli altri due lati, allora il triangolo è rettangolo. Al posto della parola quadrato si può sostituire la parola “triangolo equilatero” oppure qualsiasi poligono regolare (pentagono, esagono…) e il teorema continua a valere (anche se non l’abbiamo imparato a scuola) ugualmente per “semicerchio”: in un triangolo rettangolo il semicerchio che ha come diametro l’ipotenusa è equiesteso alla somma dei semicerchi che hanno come diametri i cateti. Molti si sono cimentati nel cercare una dimostrazione del teorema come Leonardo da Vinci o James Abram Garfield (1931-1881) ventesimo presidente degli Stati Uniti. Esistono moltissime diverse dimostrazioni del teorema di Pitagora e più di 360 sono raccolte nel testo di Elisa Scott Loomis: The Pythagorean Proposition (1968). Difficile stabilire la data della comparsa del teorema per la prima volta, ma si è certi che questo avvenne un migliaio di anni prima di Pitagora. La relazione del tipo a2 + b2 = c2 nota come terna pitagorica, era conosciuta in Mesopotamia dalla prima metà del secondo millennio a. C. e veniva insegnata nelle scuole degli scribi. Testimonianze egizie risalenti al 1400 a.C. si trovano su alcune tombe a Tebe (dove Porfirio colloca Pitagora nel suo soggiorno egizio) e per la precisione si legge la terna 32 +42 = 52. Nel 1945 venne scoperta una tavoletta PITAGORA 4etichettata Plimpton 322 che elencava 15 paia di terne pitagoriche. Ci sono altre testimonianze che portano a ritenere che già dal secondo millennio a.C. gli scribi conoscessero quello che poi venne chiamato teorema di Pitagora. In ogni caso i pitagorici dimostrarono geometricamente il teorema e comunque giunsero a questo in modo indipendente. Vale la pena osservare che la terna 3,4,5 è l’unica possibile con numeri consecutivi e che si possono costruire infinite terne pitagoriche. Sempre i pitagorici trovarono un’altra grazia nella terna pitagorica: designarono il 5 come il matrimonio, il 3 (dispari) è l’uomo, il 4 (pari) la donna. Il dispari era maschio e limitato, il pari era femminile e illimitato. Ma l’universo aveva in serbo un’amara sorpresa per i pitagorici: l’incommensurabilità. La diagonale del quadrato e il lato non hanno un divisore comune oltre l’unità; la radice quadrata di 2 non è razionale. I pitagorici furono particolarmente turbati dallo scoprire che l’universo poteva non essere razionale, e questo potrebbe averli portati a considerare una geometria senza numeri anche se sembra poco credibile, per il pitagorico, un percorso di conoscenza privato dei numeri. Rimane in piedi la discussione storica se attribuire il teorema (con il significato che principia con Euclide) a Pitagora e ai pitagorici oppure ai babilonesi o altre popolazioni vissute un millennio prima di loro. I babilonesi conoscevano le terne e accettavano il fatto che la misura della diagonale del quadrato non era esprimibile con un numero razionale. Può anche essere che i pitagorici, fin dall’inizio, possano aver scoperto l’incommensurabilità nel triangolo rettangolo, ma non è detto che per loro ciò fosse accettabile. Un numero irrazionale non è finito come il numero razionale, ma possiede infinite cifre dopo la virgola senza che alcuna sequenza si ripeta. I pitagorici, data la natura dell’associazione, dovettero subire una crisi di fede devastante in conseguenza della scoperta dell’incommensurabilità e questo vuol dire che avrebbero dovuto avere prima la fede e poi la crisi. Ma può essere accaduto che i pitagorici abbiano trovato subito l’incommensurabilità mentre si confrontavano col triangolo rettangolo e solo in seguito realizzarono che esistevano triangoli rettangoli classificabili secondo terne pitagoriche. Una tale considerazione rende meno accettabile il fatto che Pitagora abbia imparato il problema dai babilonesi perché significherebbe che avrebbe appreso l’incommensurabilità e non vi sarebbe stato più motivo di crisi o sorpresa per lui. Alcuni prendono come vero il racconto del sacrificio di un bue in onore della scoperta per avvalorare la tesi secondo la quale il teorema sia stato scoperto da Pitagora o dai pitagorici. Pitagora era vegetariano, ma non era contrario all’uccisione di animali a fini rituali. Una generazione successiva non avrebbe potuto inventare un tale aneddoto.    

       Pentagramma2      

 

Riferimenti
Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, TEA, 1993.
Maria Timpanaro Cardini (a cura di), Pitagorici Antichi. Testimonianze e frammenti, Bompiani, 2010.
Kitty Ferguson, La musica di Pitagora, Longanesi 2009.
Bruno D'Amore, Silvia Sbaragli, La Matematica e la sua storia, volume1, Dedalo, 2017.

La prima immagine di Pitagorra risulta di pubblico dominio: La seconda riproduce un'opera di Luca della Robbia (1400-1482) ed è Creative Commons (CC By 3,0)

Per leggere le precedenti puntate cliccare qui sotto:

PRIMA PUNTATA

SECONDA PUNTATA