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COTTURA E MISURA

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CALABRESEIniziamo da Àntimo di Bisanzio  un viaggio tra i protagonisti storici della cultura gastronomica. Con un occhio alla scansione mensile dei prodotti della Terra.

                                 

                            di CANDIDO CALABRESE

 

I primi storici sono chiamati annalisti, perché raccontano gli eventi nel loro svolgersi cronologico.
In questo nuovo anno di speranze e di incognite, seguirò l'ordine alfabetico, nella scelta degli argomenti. Terrò presente, mese per mese, i prodotti che ANTIMO DI BISANZIOTerra Madre offre, e ne sceglierò i cibi. Mi propongo, inoltre, di scrivere, sinteticamente, di personaggi che possono farci conoscere la Storia dell'alimentazione.
Parto da lontano, molto lontano, farò poche battute su Àntimo, medico bizantino di madre lingua greca che, dopo il 511, scrive una epistola a Teodorico (nato intorno al 454-deceduto nel 526), cognato di Clodoveo re dei Franchi (nato intorno al 466-deceduto nel  511), in cui analizza alcuni cibi (De observatione ciborum ad Theodoricum regem Francorum epistola). Descrive il modo di prepararli, di cuocerli, gli effetti positivi o negativi sull'organismo umano. Qui la cultura mediterranea comincia a confrontarsi con quella germanica, “servendosi della mediazione della Lingua latina”, in “un’Europa medievale, luogo d’incrocio tra la tradizione romana e quella germanica”(A. Capatti-M. Montanari, La cucina italiana, pag. 365, nota). Tutto ciò "solo" 1500 anni fa, a dispetto di chi, oggi, predica la chiusura dei porti, l'innalzamento di muri, l'autosufficienza di società sempre più vecchie che cercano di perpretarsi rinchiudendosi in una statica e non dinamica "civiltà" del passato.
Dall'opera di Àntimo emergono alcuni dettati non solo gastronomici ma anche medici come l’uso del pane di frumento ben lievitato e cotto al posto di quello diffuso tra i popoli del nord di farina di orzo e spelta. La cottura dei cibi, fondamentale per una buona salute. “L’amore per la buona tavola non può e non deve essere gozzoviglia disordinata ma misura, attenzione alla qualità delle portate, rapporto corretto tra quello che si mangia e quello che si beve”. Fino al 1000 sarà, stando alle conoscenze odierne, forse “l’unico documento di letteratura gastronomica” (fonte www.taccuinigastrosofici.it).

Frutta e verdura invernali

Cavoli, verze, spinaci, carciofi, cicoria, radicchio e finocchi. Possiamo, inoltre, continuare a usare le patate, le cipolle, la zucca, l'aglio con gli inconfondibili odori della salvia, del rosmarino e del timo.

In questo periodo dell'anno in cui oltre all'insidia del covid (da combattere con le vaccinazioni) è in agguato la ricorrente influenza, dobbiamo fare il pieno di vitamina C con arance (possibilmente "tarocco"), mandarini (con i nocci), clementine e mandaranci. Non dimenticando le mele (annurca, mel'apiane, limoncine...) e la frutta secca (noci, nocciole e mandorle).

Fonti

Per chi vuol saperne di più

Paola Paolucci, Profilo di una dietetica tardo-antica, saggio sull'epistula Antimi De observatione ciborum ad Thedoricum regem Francorum, Ediz. Scientif. italiane, Perugia 2002.