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 NewsLetter 

Blog collettivo fondato e coordinato da Nando Cianci - Anno VIII   -  2024

MISTERIOSO EGITTO

GIZA NOTTELasciato  alle spalle l’immenso spazio urbano di città del Cairo, ci avventuriamo nei  luoghi del deserto e del mistero, con le loro suggestive località e i siti archeologici di fama mondiale. La seconda parte del viaggio in Egitto.

 

        di RITA BARTOLUCCI

Lasciato ormai alle spalle l’immenso spazio urbano di città del Cairo, con ancora negli occhi le sue spettacolari immagini e riecheggRITABARTiandone le differenti voci e il frastuono tutto, ecco profilarsi – dopo soli circa venti o trenta chilometri – i luoghi del deserto e del mistero, con le suggestive località di Giza, Menfi e Saqqara e i loro siti archeologici di fama mondiale.
L’agglomerato di Giza si presenta nelle vesti di un grande e popoloso centro ma, nell’area periferica e in zona pressoché desertica, il suo aspetto muta radicalmente per assumere le sembianze di luogo solitario e metafisico che accoglie la necropoli più conosciuta al mondo.
Dalla vasta piana, accecante di luce e di rovente sabbia, imponenti si stagliano, con linee pure, marcate ed essenziali le forme delle piramidi appartenenti ai faraoni Cheope, Chefren e Micerino; unitamente ad altri monumenti tombali più piccoli, riservati a membri delle famiglie reali.
Gli egittologi ritengono che i lavori di costruzione abbiano avuto inizio intorno al 2500 a.C. e studi di archeoastronomia (scienza che s’interessa agli allineamenti astronomici presenti nell’antica architettura) rivelano come il complesso monumentale sia stato disposto secondo un preciso asse in relazione alle stelle, sottolineando così la strabiliante conoscenza che quegli antichi avevano in materia siderale e quale significato religioso attribuivano ai corpi celesti.
Accurate indagini storiche hanno inoltre contribuito a sfatare l’idea, mal riposta, che le piramidi fossero l’opera di oppressi o schiavi, costretti a lavori tremendi. Furono soprattutto i viaggiatori greci – tra cui lo stesso Erodoto – a divulgare una tale notizia, probabilmente per il fatto di attribuire un identico significato ai termini “schiavo” e “lavoratore”, che in Grecia erano considerati pressoché sinonimi. In realtà i nobili e lo stesso faraone non usarono mai un potere tirannico sui costruttori. Artigiani, architetti costituivano nell’Antico Regno una classe sociale alquanto rispettata, ritenuta indispensabile a realizzare lavori di comune utilità e gli operai venivano sempre trattati umanamente e retribuiti. Di ciò danno testimonianza scavi condotti in prossimità delle piramidi, che hanno portato alla luce documenti relativi ai salari pagati agli operai.   Inoltre, gli Egizi avevano un concetto di schiavitù alquanto diverso da quello elaborato dai Greci, più simile a quello dei Romani, secondo il quale si poteva divenire momentaneamente schiavi per debiti o povertà; nel qual caso si acquisiva la condizione di famuli, ricevendone in cambio un trattamento generalmente buono. Solo i prigionieri di guerra erano ritenuti veri e propri schiavi.  
Il “miracolo” edificatorio poggiava, quindi, SFINGEsull’eccellenza progettuale e sulla straordinaria organizzazione del lavoro.  
Il sepolcro di Cheope s’impone sugli altri per altezza e maestosità, così voluto per espressa volontà dello stesso faraone. Quello destinato a Chefren ha a guardia una gigantesca statua di più di 70 metri di lunghezza e 20 di altezza: la Sfinge.
Ѐ questa una figura mitologica appartenente tanto alla cultura greca quanto a quella egizia; ma la prima ha una connotazione tragica e terrorizzante e viene rappresentata mediante un’iconografia dal corpo di leone, con volto di donna e ali dell’aquila; mentre la seconda incarna un simbolo protettivo ed ha corpo di leone e testa umana.
La terza tomba, appartenente al re Micerino, è la minore; presenta una superficie meno armonica, rispetto alle altre, e reca visibile il segno di un lungo squarcio verticale, prodotto nel 1196 dalla volontà distruttrice del figlio di Saladino.
Al di là delle notizie storiche sui re che le hanno commissionate, ciò che cattura l’attenzione dei visitatori è la simbologia, all’insegna della quale sono state edificate. La loro stessa forma, a esempio, sta a indicare i raggi solari che, dagli spigoli protesi verso il cielo, scendono a illuminare la terra. L’intera costruzione va intesa come una lunga scala, necessaria per salire al cielo. L’imponenza che le caratterizza le fa, inoltre, emergere come visioni soprannaturali dal deserto.

La località di Saqqara ospita la necropoli più antica.
Era, infatti, il luogo di sepoltura delle prime dinastie reali che risiedevano a Menfi, allora capitale dell’Antico Regno. Ѐ un sito davvero “speciale” sotto vari aspetti. Vi si respira un’aria metafisica, dovuta al minore colore e frastuono turistico rispetto a Giza, che lo fa apparire nella sua estrema nudità, fatta di sabbia e cielo, di vento e sole.
Forti sono state le emozioni nel trovarmi in un luogo così essenziale, dove è palpabile lo sgretolarsi della vita nelle sue tante trasformazioni, fino a ridursi a granello roseo-dorato per l’opera inesorabile del tempo.
A lungo questo sito è rimasto “dormiente”, abbandonato e dimenticato sotto la sabbia, che ne ha avuto cura e l’ha protetto da ulteriori ruberie e atti SAQQARAvandalici, di cui purtroppo era stato fatto oggetto sin dal suo sorgere. Solo a metà del diciannovesimo secolo è stato riportato alla luce. Dal punto di vista archeologico, l’area è di forte interesse in quanto propone strutture funerarie innovative, che anticipano il modello di tutte le successive piramidi.
Il monumento sepolcrale di Djoser ne è l’illustre esempio. Ha forma a tronco di piramide, ottenuta per sovrapposizione di modelli tombali (usati in precedenza) di elementare fattura a base pressappoco quadrata – le mastabe –, che andavano man mano restringendosi in altezza, dando luogo a “gradoni”. Costruzioni dello stesso tipo sono state impiegate anche dalle civiltà precolombiane in America e in Mesopotamia.

Dello splendore dell’antica Menfi e della trascorsa sua vivacità economica oggi restano poche tracce, sparse nel verde di un palmeto. La più impressionante testimonianza consiste nella colossale statua dedicata a Ramesse II.
Alta dieci metri, essa appare ancora più gigantesca per la posizione sdraiata anziché eretta, resasi necessaria a causa della base rovinata. Non so perché, ma mi ha riportato alla mente la figura del Cristo morto del Mantegna, forse per la similare positura in cui, volutamente e non, si presentano i soggetti. Pur non essendoci relazioni ragionevoli, che potessero giustificare un confronto  tra le due opere, le ho accomunate per via dell’aura nobile, che mi pareva trasparisse da entrambe le raffigurazioni,  per la loro forte fisicità, ottenuta con criteri rappresentativi ovviamente assai diversi.

Dopo questo primo intenso incontro col mondo egizio, il tour è proseguito – con un volo interno – alla volta di Assuan; dove ho potuto constatare quanto l’abilità ingegneristica, dimostrata da questa civiltà nel passato, abbia avuto una felice evoluzione nella realtà moderna, consentendo la realizzazione di  opere di gran respiro. Ne è esempio la grande diga di sbarramento sul Nilo e conseguente creazione del lago artificiale Nasser.
Un’opera fortemente voluta per risolvere i gravi problemi di siccità dell’Egitto, mediante la regolazione delle piene del Nilo. Per tanti aspetti giudicata controversa poiché ha apportato, insieme agli indiscutibili vantaggi, anche svantaggi; soprattutto a danno della popolazione nubiana che si è vista sottrarre molti luoghi abitativi, rimasti sommersi dalle acque della diga.
ASSUAN ELEPHANTINEBello è stato passeggiarci sopra, ascoltando racconti, veritieri e favolistici, circa la presenza nelle acque di sanguinari coccodrilli. Storie che mi sono, poi, tornate in mente nel corso di una amena felucata verso l’isola Elefantina, impedendomi di godere appieno di quella speciale esperienza fluviale, a bordo dell’affusolata e leggera imbarcazione dalla grande vela bianca; troppo incline, a mio parere, a piegarsi verso la liquida superficie e a far di me un potenziale aperitivo, a vantaggio del sacro, divino rettile.
Splendida mi si è invece rivelata la crociera sul Nilo, da Assuan a Luxor.
Lungo il percorso, dalla comoda cabina della nave, vedevo svolgersi come in un film il paesaggio circostante: villaggi nascosti tra i palmeti; pescatori in bilico su approssimative imbarcazioni che tentavano la fortuna, colpendo l’acqua con un remo per farne saltare fuori i pesci; bambini giocosi, affatto preoccupati dai ventilati coccodrilli. Ma i tramonti sono stati la visione più affascinante, allorché l’aria, tingendosi di rosso, sembrava avvolgere in una fiamma tutto l’ambiente, per restituirlo, di lì a poco, alla frescura  del crepuscolo e alle incipienti stelle.
Nei giorni di navigazione sono state effettuate varie tappe e escursioni; non mi dilungherò su ognuna, per non appesantire il discorso complessivo. Brevemente farò cenno al complesso dei templi di File; quindi dirò di Luxor, dei suoi templi, delle Valli dei Re e delle Regine, con le necropoli famose in tutto il mondo.

File è una piccola isola del Nilo, su cui sorgevano (l’uso del verbo al passato, nel caso, è d’obbligo) grandiosi e magnifici templi dedicati alle divinità di Iside e Osiride. Le architetture, in seguito ai lavori per la costruzione della diga di Assuan, sono state “smontate”, trasferite e riposizionate in identico modo, sulla vicina isola di Agilka, nel 1977. La stessa procedura è stata adottata anche ad Abu Simbel, per salvarne le vestigia dalle acque dell’invaso originato dalla diga. A parte l’imponente bellezza dei monumenti, ciò che mi ha sbalordito è stata l’operazione del loro ricollocamento. Spostare masse così enormi e fragili, evitando di arrecare danno, ha dell’incredibile!
Di colpo mi sono riaffiorati in mente alcuni versi dell’Orlando furioso, in cui il paladino, in preda a gelosia amorosa e reso da essa folle, si dà a sradicare pini secolari e querce come fossero finocchi. Nella situazione che avevo sott’occhio i “finocchi” erano quei “tocchi” di pietra enormi.

Luxor, in antichità chiamata Tebe, ha templi di tale imponenza  da rendere evanescenti persino le oceaniche folle continuamente in visita. Le statue, le colonne, gli obelischi sono così giganteschi che viene spontaneo chiedersi come la civiltà di allora, priva di quei supporti tecnologici di cui si usufruisce oggi, abbia potuto realizzarli, visto che, in gran parte, s’innalzano da pietra monolitica. La storia, a tale riguardo, viene in aiuto, fornendo dettagliate e convincenti informazioni.
Ma la pagina scritta non sbalordisce quanto il vedere dal vivo quelle possenti architetture. Tra i tanti templi spiccano quelli di Karnak e di Luxor. Camminare in mezzo ai loro colonnati, sfruttarne la frescura delle ombre nelle torride ore del giorno, provoca la sensazione di trovarsi protetti e nascosti come in una fitta foresta d’alti fusti.
Altre poderose raffigurazioni si trovano nella necropoli di Tebe: i colossi di Memnone. Così chiamati, forse in omaggio a un antico eroe mitologico, e dedicati al faraone Amenhotep III. Da essi, in particolari momenti del giorno, scaturisce un suono e, perciò, si sono meritati il titolo di statue parlanti.
Ma le necropoli delle valli dei Re e delle Regine sono sicuramente i luoghi capaci di ammaliare il più restio dei visitatori.
Poste nell’accecante biancore del deserto, invisibili in superficie, si trovano le tombe di tanti faraoni, scavate sotto il livello del suolo. Le camere sepolcrali, con i sarcofagi,  sono collocate nella parte più interna. Vengono precedute da corridoi finemente decorati, con immagini impresse in vivi colori e scritture geroglifiche che illustrano l’identità dei defunti e le loro imprese.
L’aria in questi ambienti è soffocante. Me n’è venuto quasi un senso di panico, anche per l’idea di essere così a contatto con la morte, che ritenevo profanata dalla mia e altrui presenza. I tanti film, racconti, leggende, costruiti su questo Egitto misterioso, inducono a provare simili sensazioni. Purtroppo, quasi la totalità delle tombe, sin dal loro primo utilizzo, è stata oggetto di furti  e vandalismo. Solo quella del faraone Tutankhamon si è casualmente salvata dallo scempio e, per questo, è passata alla storia come la più famosa. Il corredo funebre è risultato intatto e di inaudito splendore.
VALLE DELLE REGINELa Valle delle Regine, di poco distante da quella dei Re, si propone in aspetti similari a quest’ultima. E, come essa, è andata incontro alle stesse sorti di saccheggio. In quest’area venivano sepolte tutte le figure femminili di rango principesco, tra loro spicca la regina Nefertari, sposa prediletta di Ramesse II.
Una donna di grande prestigio e intelligenza, nonché di rara bellezza. A disdetta dell’idea muliebre – in auge all’epoca e mantenuta a lungo in seguito – riuscì a conquistare un ruolo fattivo al fianco del faraone, insieme al quale presiedeva le cerimonie e partecipava delle decisioni militari e diplomatiche. Per lei è stata approntata la sepoltura più bella in assoluto, ne sono testimonianza la estrema raffinatezza dei dipinti.
Con questa ultima visita, il viaggio ha avuto termine. Esclusi ovviamente i voli di ritorno verso il Cairo e, di lì, a Roma. Se abitualmente il trovarsi a diretto contatto con la realtà ridimensiona l’immaginazione per far spazio a una conoscenza più fondata su criteri storico-scientifici, nel mio caso è avvenuto quasi il contrario. Il mondo con cui ero entrata in contatto mi si è infatti rivelato in aspetti così strabilianti da sottrarsi a spiegazioni pragmatiche. Ѐ stato come fare un viaggio extraplanetario, per approdare in tempi e luoghi mitici e favolosi. Dell’emozionante avventura nulla è andato sperso, grazie ai ricordi che fanno compagnia e impediscono l’annullarsi del vissuto. Sono magici folletti capaci di dare relativa eternità al passato e linfa nuova per il presente.

 (2-fine)

Per leggere la prima puntata cliccare qui.

 

 

La foto vicino al titolo (Giza di notte) è di dominio pubblico (https://pxhere.com/it/photo/1569065
La foto  della Sfinge è di John Welsch da Pixabay (https://pixabay.com/it/photos/egitto-giza-sfinge-piramide-4481911/)
La foto di Saqqara è di kaironfo4u (https://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.0/deed.it; CC BY-NC-SA 2.0) 
La foto di Assuan-Elephantine è di Gerd Eichmann (https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Assuan-10-Elephantine-1982-gje.jpg; CCBY-SA 4.0)
La foto della Valle delle Regine è di Dezalb da Pixabay (https://pixabay.com/it/photos/egitto-tebe-valle-delle-regine-3356915/)

 

 

 

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