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TRA LA TERRA E IL MARE

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CASSANO LIBRERIAIl 23 febbraio ci ha lasciato Franco Cassano, intellettuale acuto, immerso nel nostro tempo, che ha vissuto con la profonda concretezza di una visione alta e lungimirante. Con il suo “pensiero meridiano” sapeva guardare indietro con lo sguardo rivolto al futuro.

                      di NANDO CIANCI

Raramente la modernità ha avuto un interprete attento, scrupoloso e raffinato come Franco Cassano. Perché della modernità ha saputo smascherare le piaghe che le hanno inferto: «Ci si è modernizzati rendendo tutto vendibile e rendendo sistematico l’osceno, prostituendo il territorio e l’ambiente, i luoghi pubblici e le istituzioni». Ha individuato anche il fondamentalismo che si annida nelle società che si professano liberali e democratiche: «L’Occidente può fare un passo decisivo contro l’integralismo altrui solo avviando la decostruzione del proprio, di quella camicia di forza imposta sia all’interno che al mondo intero instaurando la legge della corsa e della competizione. […] La camicia di forza di cui parliamo è nella pervasività della metafora dell’azienda, nei dogmi della competizione internazionale amministrati dai sacerdoti del PIL, nell’edonismo sistemico del consumo, nell’apologia della volgarità di massa. Il nostro integralismo non assassina: rende obsoleti, licenzia, mette fuori mercato»[1]. Ha guardato oltre il luccichio del protagonismo che violenta il mondo e l’anima degli uomini che lo percorrono: «Il deserto non era destinato all’idiozia motorizzata della Parigi-Dakar. Esso è stato luogo di fondazione di una parte della nostra spiritualità, di transiti divini, di marce e di digiuni, di tentazioni e di paure». Ha tolto il velo all’infingarda visione dominante secondo la quale i drammi del Sud derivano dalla mancata modernizzazione, chiedendosi se quest’ultima – nella versione rapace e consumistica che si va affermando – non sia piuttosto una delle cause (e non la cura) di quei mali.
Ma lo ha fatto senza mai indulgere a visioni arcaiche o di maniera, a riproposizioni di mondi perduti. Perché Cassano era studioso di spessore, di dottrina, di vicinanza concreta alla gente del Sud; costruttore di percorsi di ricerca. E proprio per questo comprendeva a fondo come le caratteristiche PENSIERO MERIDIANOche spesso vengono imputate come limiti e vizi al Sud possono diventare una risorsa. Ha, così, elaborato quella idea di pensiero meridiano che fa perno su valori indispensabili a costruire una modernità non predatoria né distruttrice. Un pensiero che intende dare un contributo autonomo a capire le mutazioni in corso e portarvi la linfa della resistenza alla monocrazia dell’accelerazione universale, alla mercificazione, alla hybris sfrenata che non conosce più il dono della Misura. Un pensiero capace di «custodire la confidenza con forme di vita immobili, lente, stratificate, dove si è spesso più ricchi di relazioni che quando si è collegati telematicamente con il tutto».
Agli occhi distratti di chi è abbagliato dalla fantasmagoria dei consumi, tutte queste sembreranno considerazioni datate e superate. Sono, invece, segno di una presenza consapevole e attiva nei tempi nostri: «Accumulare forme di vita “altre” non è solo custodire forme d’esistenza diverse da quella dominante su scala planetaria, ma tutelare la stessa modernità dal suo avvolgimento in una spirale senza ritorno». Uno sguardo lontano, che può essere dato solo dal “pensiero lento”, che «offrirà ripari ai profughi del pensiero veloce, quando la macchina inizierà a tremare sempre di più e nessun sapere riuscirà a soffocare il tremito. Il pensiero lento è la più antica costruzione antisismica».
È un pensiero che nasce sulla riva del Mediterraneo, luogo che «interrompe gli integralismi della terra» e dove «si scopre che il confine non è un luogo dove il mondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano e la parità del rapporto con l’altro diventa difficile e vera».
Un luogo, va detto, dove non si celebra nessuna arcadia e che, anzi, è impregnato anche di ambiguità: «L’incontro di terra e mare non è l’idillio che ricompone: esso non è una quiete, ma la difficoltà di stare in un solo luogo, non è il ritorno di identità semplici, ma la scoperta che dopo lo sviluppo, ritornano utili molte risorse che si erano gettate via con sprezzo dai finestrini». Sì che il pensiero meridiano non poteva che nascere sulle coste della Grecia, dove la cultura si apre ai discorsi in contrasto: «All’inizio non c’è mai l’uno, ma il due o i più. Non si può ricomporre il due in uno: nessuno universalismo potrà mai esserci. Si tratta solo di evitare che i due si allontanino fino a desiderare la distruzione reciproca». Un Mediterraneo nel quale «si conserva il segreto della Misura, di quell’accordo tra uomo e natura che si raccoglie nei miti e negli dèi greci, nell’architettura della tragedia classica». Ma ricordando, sulla scorta di Camus, che la misura «non è una saggezza, un equilibrio, ma qualcosa di profondamente conficcato nella CASSANO MANIFESTOpassione e nella contraddizione» e che quest’ultima non può essere eliminata. E che anzi ad essa bisogna aggrapparsi per sopravvivere. Perché nella Grecia vi sono l’ombra e la luce e il sole ha anche una faccia nera.
Non idillio, dunque. La terra e il mare sono anche la metafora dello scontro culturale ed antropologico in atto da tempo, che Cassano descrive rifacendosi a Valery: «È qui la radice della crisi del pensiero, del suo arrendersi al predominio della tecnica: il mare ha vinto e la terra scompare per sempre all’orizzonte: d’ora in poi vale solo il pensiero che vive sempre in alto mare e ha rimosso le idee stesse del limite, del ritorno, della terra come superstizioni, timidezze o regressioni. L’aver sostituito al vecchio infinito quello della tecnica significa solo aver cambiato il lato della dismisura». Sicché quell’Occidente che in Hegel «era ancora maturità, capacità di contenere l’esperienza» viene soppiantato: «adesso la retta UMILTÀ DEL MALEinfinita della ricerca e del progresso condanna a vivere per sempre nel mare disprezzando ogni volta il sapere che già si possiede».
Ma le cose devono per intima e ineludibile necessità andare così? La direzione del moto della storia è fatalmente indirizzata verso Occidente? Il dominio della tecnica è una cappa che non si può squarciare?  Ancora una volta il cambio di rotta possibile viene, paradossalmente, dall’ “arretratezza” del Sud: «L’uomo mediterraneo invece vive sempre tra terra e mare, limita l’una tramite l’altro, e nel suo ritardo tecnologico, nei suoi vizi, c’è anche una misura che gli altri hanno smarrito. Lo sviluppo scatenato della tecnica non è legato all’intreccio di terra e mare, ma alla dismisura oceanica, all’inseguire il tramonto del sole, all’assolutizzazione dell’Occidente». Un’altra strada, dunque, è possibile e Cassano la indica, servendosi di un pensiero apparentemente al negativo, quasi come una profezia: «Fino a quando continueremo a ritenere che lo scorrere inevitabile verso Occidente sia l’unico moto possibile del giorno e che il Mediterraneo sia solo un mare del passato, avremo puntato gli occhi nella direzione sbagliata e il degrado che ci circonda non cesserà mai di crescere».
Così, ci si sente di fronte ad un orizzonte più ampio e più ricco, dopo che Cassano ci ha fatto veleggiare lungo il Mediterraneo insieme a Platone, Heidegger, Nietzsche, Valéry, Camus, Pasolini e altri artisti e pensatori. E ci si sente rigenerati, dopo una immersione nel suo pensiero.
Di tanto altro ancora si è occupato Franco Cassano nella sua vita. Ha riflettuto in profondità sul rapporto élites-comunità, rileggendo con ottica originale Dostoevskij, in un altro suo libro, L’umiltà del male; è stato professore universitario per 40 anni; ha partecipato alla vita delle istituzioni come parlamentare; è stato tra i protagonisti di quella stagione politico culturale di grande rilievo che fu denominata la Primavera pugliese. Ci ha indicato, soprattutto, un orizzonte nel quale, se ne saremo capaci, «la bellezza tornerà a visitarci».
Gli spetta, per tutto questo, un posto speciale nella storia della cultura, non solo italiana, e nel cuore di chi attraversa il mondo con animo aperto.

[1] Questa e tutte le altre citazioni presenti nell’articolo sono tratte da Franco Cassano, Il pensiero meridiano, Laterza, Roma-Bari, 2003.

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