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ESUBERI, RIMANENZE

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SANDROUNA POESIA
di SANDRO CIANCI

 

 

 

 

Gli chiedevano

-quando gli chiedevano-

cose di nessun conto.

 

Del resto, cosa possedeva?

Cosa aveva mai fatto

se non indicare

le luci, le parole,

i tramonti, le fisarmoniche,

i respiri nascosti della notte

tra le vecchie case del tempo?

O i passi di carezza dei gatti,

le luci profonde della valle

e quelle lievissime

dei colli lontani

che nell’ora notturna

salivano al cielo

come stelle dimentiche,

angeli, annunci, sospiri,

parole metafisiche,

straziati canti d’infinito?

Che ne avevano fatto?

 

Lo si poteva trovare al mercato, lui,

confuso tra la gente,

o dietro un povero tavolo

sul quale aveva disposto

certi piccoli oggetti:

pettini d’osso, forcine per capelli,

fogli di carta velina colorata

ed un’armonica a bocca, azzurra,

con dentro i cieli stellati

di un vecchio presepe.

 

Taceva.

Un silenzio che nessuno udiva.

Tranne, forse, l’olmo

-che di nascosto, nelle notti d’inverno,

lo affidava alla terra.

 

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