Questo sito utilizza i cookies per migliorare l'esperienza utente. Continuando la navigazione accetti l'utilizzo.

 NewsLetter 

Blog collettivo fondato e coordinato da Nando Cianci - Anno VIII   -  2024

PATERNITÀ IN DECLINO E IN ASCESA

eideL'evoluzione del ruolo paterno nella cura e nell'educazione dei figli. E il rovesciamento del rapporto genitori-figli.

di EIDE SPEDICATO IENGO

Nel panorama familiare contemporaneo il ruolo che ha subito maggiori mutamenti sul versante ideologico e comportamentale è sicuramente quello paterno, oggi percepito sempre meno come “terzo” nel rapporto madre-figli e sempre più come reciproco, relazionale, alleato con l’altro genitore nell’organizzazione quotidiana e nel coinvolgimento emotivo, affettivo ed educativo della prole. Stemperati i ruoli normativi del passato a favore di una più ampia varietà di funzioni, sembra delinearsi una nuova generazione di padri che, avendo preso consapevolezza della paternità come diritto-dovere e percependosi non più periferici nella conduzione familiare, rivendicano l’iscrizione nella dimensione di quelle prassi per tradizione appannaggio esclusivo della madre. Le inedite locuzioni “padri in attesa”, “padri appoggiamento”, “padri allattanti” paiono segnalare precisamente sentimenti e profili di paternità inclini a rivisitare i ruoli e le funzioni che hanno ingessato le relazioni di coppia in codici prescrittivi e, pertanto, sia a strutturare il loro modus agendi in direzione partecipativa, collaborativa, attenta, “ad alta cura” sul fronte educativo e domestico, sia a praticare quelle forme di «espressività affettiva un tempo ‘doverosamente’ celata dall’immagine virile del padre»[1]. Di qui la definizione di tipologie di coppia più funzionali al quadro socio-culturale ed economico dell’oggi, l’opacizzazione di codici paterni opposti a norme materne, l’adesione a nuovi modelli esistenziali e parentali nello spazio domestico, la presenza di racconti familiari più sfumati, personalizzati, complementari, orientati a tacitare le differenze di genere.
      Va da sé che tale cambio di passo non esclude la presenza di padri “residuali”, che attribuendo a sé stessi esclusivamente il ruolo di nutritori e reggitori economici della famiglia, delegano alla madre la cura e l’educazione della prole; né i profili di quelli marginali che occupano lo sfondo della triade familiare come convitati di pietra; né la tipologia di quelli cosiddetti di facciata che, pur non riconoscendosi nella concezione tradizionale di ruolo, vivono l’esperienza della paternità in modo sbiadito, vago, disattento, superficiale; né quelle paternità disorientate, sfumate, leggere che fanno del permissivismo la loro guida comportamentale; né quei padri adultescenti che, aderendo alla logica degli accomodamenti permanenti, abdicano al ruolo genitoriale di alleato-antagonista dei propri figli, essenziale per promuoverne l’operazione di svincolo, svezzamento psicologico, emancipazione. A proposito di quest’ultima tipologia genitoriale va precisato che oggi, forse per la prima volta nella storia millenaria della famiglia, il rapporto genitori-figli si è rovesciato. Non sono  più i figli a voler indossare gli abiti adulti dei loro genitori, ma questi a voler rientrare disperatamente nell’età adolescenziale dei figli: l’adultescenza è una pratica assai diffusa nello stile genitoriale. Ovviamente, l’affollamento in questa età della vita non giova a nessuno: né agli adulti che restano sempre più figli che genitori, né agli adolescenti che annaspano nella ricerca di modelli di riferimento dell’età adulta[2].
     Pur in presenza di espressioni plurali di paternità come si è appena accennato, appare comunque incontrovertibile l’evoluzione dei compiti paterni in direzione di una organizzazione meno asimmetrica nei ruoli della quotidianità familiare. Oltre alla maturazione di una nuova, evidente sensibilità maschile sul fronte affettivo-espressivo, la collaborazione tra i partner nello spazio domestico è determinata, peraltro non secondariamente, anche dalla crescente diffusione del modello di coppia “a doppia entrata economica”. Ovvero, all’impegno lavorativo extradomestico della donna viene corrisposta una maggiore partecipazione del partner al lavoro familiare, anche se il tempo/presenza delle madri nel lavoro di cura continua ad essere sbilanciato a loro sfavore.
         Qualunque siano le motivazioni che sottendono queste mappe genitoriali ancora in allestimento, appare tuttavia evidente che molti uomini vogliono recuperare gli spazi di un’assenza (prescritta più che scelta), uscire dal disimpegno emotivo ed affettivo di un tempo, vivere la loro paternità in modo pieno, distante dall’interpretazione di un ruolo quanto attenta alla riappropriazione «delle energie profonde, comprese quelle trascurate o escluse o rifiutate dai condizionamenti socio-culturali degli anni passati»[3]. Si tratta, come può constatarsi, di una sorta di rivoluzione copernicana della paternità che sottolinea «il passaggio dall’essere padri al sentirsi padri, ovvero da un evento all’interiorizzazione dell’esperienza della paternità che recupera tutta la gamma delle emozioni che vi sono connesse»[4].

      Questo cambio di rotta, è quasi superfluo l’annotarlo, modifica l’assetto dell’intero nucleo familiare. Andare oltre la rigida divisione dei compiti genitoriali significa stabilire nuovi patti di alleanza nella coppia; integrare ruoli e caratteristiche che un tempo definivano la separatezza fra i generi; contribuire a creare un triangolo di affetto e di cura dentro il quale i figli capiscono di poter contare sulla presenza di entrambi i genitori; essere, insomma, veramente generativi, ossia impegnati a praticare il riconoscimento reciproco dell’impegno del vivere quotidiano[5].
    Quanto detto, tuttavia, non esclude accanto a positivi racconti familiari anche situazioni aperte a imprevisti, impacci, competizioni, scollamenti fra i coniugi sul ruolo da interpretare. Reclamare da parte del padre «la possibilità di vivere una parte di sé negletta e ripudiata per secoli riscoprendo la sensualità primaria, la tenerezza, i piaceri dell’accudimento materiale»[6] in alternativa all’autarchia femminile e alla pervasività materna nello spazio della genitorialità, non si inscrive automaticamente in percorsi lineari. L’infoltimento delle mediazioni, l’approssimazione dei confini di relazionalità interna ed esterna, l’espressione di nuove cittadinanze genitoriali possono dar luogo a nuovi equilibri, coinvolgimenti, equità, dialoghi ma anche a squilibri, tensioni, disagi, monologhi, fronteggiamenti fra i coniugi: possono, insomma sia orientare in direzione di una più ragionata ricerca di senso, sia intrappolare nella palude delle contraddizioni e dei compromessi.
       Ma, com’è noto, le trasformazioni culturali non avvengono in modo automatico, richiedono tempi lunghi, impongono la definizione di una meta condivisa e la lucidità del pensiero razionale. Per tali motivi anche ai soggetti più inclini a rivisitare i propri ruoli e disponibili a praticare forme reciproche di genitorialità capita (può capitare) di dover gestire fasi critiche dalle quali se ne esce solo se si è consapevoli che non basta desiderare un cambiamento perché questo si avveri. Promuovere istanze dialogiche, orientarsi nella faticosa assunzione delle buone ragioni dell’altro per giungere a spazi interattivi è una conquista che si ottiene al termine di un lungo e laborioso processo di discussione e di persuasione ed è costantemente bisognosa di vigilanza, di fortificazione, di difesa. Oggi, tuttavia, i tempi sembrerebbero maturi per tale cambio di passo. Il modello maschile non è più sostenuto da quello stato di arrogante euforia che enfatizzava l’orgoglio di un’appartenenza privilegiata di genere e, da parte sua, il modello femminile non si appoggia più alle zone d’ombra dell’esistenza, all’antico codice dell’affetto prodigato, del sacrificio oscuro, del principio dell’accudimento gratuito e totale. Soggetti mutanti e interpreti di un nuovo copione genitoriale, molti padri e molte madri stanno allestendo nuove espressioni di sé per entrare ciascuno nel territorio dell’altro e trarre reciproci vantaggi dallo stare insieme.


[1] B. Schettini, “I nuovi stili della genitorialità”, in Aa.Vv., Famiglie e nuovi stili genitoriali,Libreria dell’Università Editrice, Pescara, 1997, p. 117.

[2] M. Tucci , Vuoto di potere, in «Noi. Genitori e figli». Supplemento ad Avvenire, XV, 146, 2010, p. 22.

[3] A. Coppola De Vanna, “Padri al futuro” in Coppola De Vanna A., D’Elia F., Gigante L., Di padre in padre. I tempi della paternità, Edizioni La Meridiana, Molfetta (BA), 2008, p. 105.

[4] Idem, p. 118.

[5] Idem, pp. 118-119.

[6] Idem, p. 114.

Per inserire un commento devi effettuare il l'accesso. Clicca sulla voce di menu LOGIN per inserire le tue credenziali oppure per Registrati al sito e creare un account.

© A PASSO D'UOMO - All Rights Reserved.