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SUL SILENZIO

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SUL SILENZIOSul silenzio. Fuggire dal rumore del mondo, Raffaello Cortina, Milano, 2018, pp. 278, € 24,00.
Recensione.

 

           Invasi da un rumore continuo che le epoche precedenti non avevano conosciuto, ci troviamo spesso a desiderare una tregua ristoratrice per le orecchie e per la mente, un ritorno ad una condizione nella quale sia possibile percepire solo i suoni della natura, a guardarci dentro senza essere continuamente distratti dalla folla dei suoni e dei rumori che provengono da ogni dove: dal traffico, da radio, tv e stereo accesi a tutto volume nell’appartamento vicino o nell’auto in transito, dal diffusore di suono della pizzeria che non ti lascia mangiare in pace né conversare con gli amici, dal trillare dei mille telefonini che si accalcano nelle nostre tasche e intorno a noi, dagli aerei che sfrecciano  sulla città, dagli elicotteri che volteggiano nel cielo. E dalle parole emanate anch’esse da ogni dove e, soprattutto, sempre più ossessivamente e senza senso, dai mezzi tecnologici con i quali interloquiamo o fingiamo di interloquire.
            Il silenzio, insomma, è diventato un miraggio per la ristorazione dei sensi, come l’oasi per il viaggiatore assetato nel deserto.
            Eppure, detta così, il silenzio rischia di diventare preda di un rimpianto senza sbocchi e di una retorica che alimenta un senso comune distratto e superficiale. Il silenzio, invece, porta con sé anche un carico di ambiguità e, comunque, una miriade di significati che variano in base ai contesti politici, sociali, culturali. Ce lo ricorda, con ampiezza di analisi e ricchezza di considerazioni e informazioni, il nuovo saggio, mandato in libreria da Raffaello Cortina, di David Le Breton, autore da sempre molto attento, fra l’altro, alla ricerca sul modificarsi delle nostre percezioni, dell’uso e delle possibilità esplorative dei nostri sensi nel mutare delle condizioni generali della nostra esistenza.
            Il silenzio, così, non sempre è evocazione di un mondo più serenamente vivibile. Perché c’è anche il silenzio imposto, per esempio, dalle dittature che tolgono la parola. Sicché queste ultime si trovano a svolgere una funzione in un certo senso speculare a quella di chi la fa annegare nel mare del rumore: «La dittatura annienta la parola all’origine, la modernità la fa proliferare nell’indifferenza, dopo averla svuotata di senso». È, quest’ultimo, il risultato dell’uso prevalente dei social, nel quale «non c’è più posto per il silenzio: vige un obbligo di parola, di replica e di confessione, perché la “comunicazione” viene proposta come la risoluzione di tutte le difficoltà personali e sociali». Sicché il silenzio diventa sinonimo di vuoto ed incute timore.  (Mentre, si potrebbe dire con il Gillo Dorfles di Horror pleni, tutto ciò dà luogo all’opposto delle capacità informative e comunicative).
            Il significato del silenzio, dunque, come quello della parola, non è univoco, in quanto capace di evocare, nei diversi contesti, beatitudine, paura, rimpianto, desiderio di averlo e desiderio di fuggirlo. Le Breton ci mostra questo carico di ambiguità e di possibilità che accompagna il silenzio attraverso un viaggio che ne analizza il senso che può assumere all’interno della conversazione (imbarazzo in alcune culture, pienezza di senso in altre),  i tanti significati politici possibili  (padronanza di sé, manipolazione, imposizione, complicità), il suo rapporto con il segreto (che può proteggere o colpire), il suo rapporto privilegiato con le religioni («Dio sfugge agli stretti limiti del linguaggio» e non può essere descritto, sì che evoca un dialogo condotto nel silenzio dell’interiorità), la sua presenza nell’esperienza della malattia e nella morte, il suo diventare sempre più raro. Fino al suo diventare motivo di lotta sociale (per quanti si battono per evitare nuove installazioni che producono appesantimenti acustici per i singoli e per le comunità), ma anche fattore da utilizzare a fini commerciali: il proliferare, ad esempio, di proposte turistiche che promettono paradisi di quiete, o l’accento posto sulla poca rumorosità di nuovi autoveicoli, elettrodomestici, attrezzi per l’uso quotidiano. Con il sorgere e lo sviluppo dell’industria dell’insonorizzazione.
            Un lungo viaggio ed un’analisi ricca che Le Breton conduce con rigore ed espone con linguaggio godibile da tutti, senza forzature ideologiche e con lucidità. Ed, anche, senza far venir meno la responsabilità dell’uomo nella costruzione del suo ambiente: bisogna fare in modo che la parola e il silenzio siano frutto di possibilità di scelta. Ma senza dimenticare che «il silenzio ha sempre l’ultima parola». (n.c.)

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